Nonostante l’ottimismo iniziale, anche il 2016, per il mondo immobiliare, è stato un anno di luci ed ombre. Per il settore edilizio, in particolare, non si potrà ancora parlare di ripresa: a dirlo è l’Ance che ha presentato il suo ultimo Osservatorio Congiunturale. Le prospettive non migliorano anche per il 2017: l’Ance prevede una ulteriore diminuzione dei livelli produttivi (-1,2%), una riduzione del 3,6% delle opere pubbliche, un -3% delle nuove costruzioni residenziali e persino un -0,2% del comparto delle ristrutturazioni (nonostante gli incentivi). Quadro sconfortante, questo, a meno che non ci siano gli interventi politici tanto auspicati negli scorsi giorni. Il XXI secolo si presenta, anche alla luce della crisi che il settore delle costruzioni ha vissuto o sta vivendo in alcune aree geografiche, di fronte ad un più alto salto di scala nella dotazione di capitale fisso edilizio della storia del pianeta. Da un lato, infatti, la dirompente crescita di quei paesi che il Fondo Monetario Internazionale definisce ancora “economie emergenti”, si concretizza in un eccezionale processo di urbanizzazione, industrializzazione e infrastrutturazione. Per questi paesi, si legge sul rapporto CRESME 2017, si tratta della materializzazione della crescita economica, della fase in cui si investe in mezzi di produzione, condizioni generali e mezzi di riproduzione delle forza lavoro (tra cui case). Nel 2000 solo il 36% del mercato delle costruzioni mondiale era realizzato nei paesi sviluppati; nel 2016 si sale al 65,3%, percentuale che dovrebbe crescere, stabilizzandosi, sulla base delle previsioni al 2020. E se è vero che il centro geografico delle costruzioni continuerà la sua corsa verso oriente, va detto che, rispetto ai tassi di crescita, non sarà più la Cina a governare il fenomeno in quell’area, ma l’India; inoltre la nuova fase di accelerazione, seppur più modesta rispetto al passato, sarà ancora guidata dai mercati emergenti ma con l’Africa come capofila, seguita dall’Oceania e solo in terza posizione dall’Asia. Che il mondo stia vivendo una nuova fase di costruzione e che è necessario farci i conti è una dato di fatto. In questo contesto, vale la pena di citare, a titolo esemplificativo, due esempi che ci fanno comprendere l’importanza della fase che il settore delle trasformazioni urbane e territoriali sta vivendo. Nel 2014 il Governo Inglese ha elaborato un documento dal Titolo: Construction 2025. Industrial strategy: government and industry in partnership. Il documento fissa gli elementi base per una nuova politica industriale per le costruzioni, partendo da un considerazione di fondo: Oxford Economics, in uno studio del 2013, stimava che gli investimenti nel settore delle costruzioni nel mondo sarebbero cresciuti tra 2013 e 2025 del 70% (la stima è forse un po’ ottimistica, ma è inserita, come abbiamo visto, comunque in un quadro in cui tutti i principali dati confermano la dinamica positiva); il Governo prende consapevolezza strategica che si entra in una nuova fase di trasformazione fisica del mondo della quale l’industria delle costruzioni è protagonista. Il fatturato delle imprese edilizie in Italia, nel frattempo, è diminuito del 24,3%. Le dinamiche in atto del mercato italiano rendono difficile pensare che ci sia spazio come nel passato. Una delle soluzioni è quindi quella di sviluppare un’azione promozionale forte accompagnata da una nuova politica formativa e nuovi saperi, dato che lo stesso mercato delle costruzioni si è profondamente configurato e vive un profondo processo di cambiamento.
Carlo Gibiino
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