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martedì 21 febbraio 2017
lunedì 13 febbraio 2017
Formazione professionale obbligatoria…quale utilità?
Dal
primo Gennaio 2014 l’aggiornamento e lo sviluppo professionale continuo sono un
obbligo per gli iscritti agli Ordini Professionali, ed ha l’obiettivo di
migliorare le competenze professionali e le abilità necessarie per la crescita
della società e dell’architettura secondo quanto previsto dal D.P.R. n. 137 del
07 Agosto 2012. La mancata acquisizione dei crediti formativi professionali può
comportare dalla censura alla sospensione.
Bene,
penso sia corretto tenersi sempre aggiornati in una professione come la nostra,
in quanto, laddove si fa ricerca, nascono nuovi materiali, nuovi modi di
costruire e di pensare l’architettura, dove anche la tecnologia svolge un ruolo
importante nei vari processi che coinvolge l’architetto in tutte le fasi
progettuali e di cantiere.
Passati
i primi tre anni è possibile fare un bilancio, bilancio che la consigliera
CNAPPC Ilaria Becco, attraverso una intervista pubblica datata Dicembre 2016,
definisce come una delle novità più rilevanti all’interno della riforma attuata
nel nostro ordinamento professionale dal 2011, che ci deriva dalla legislazione
europea ed è finalizzato a garantire la qualità della prestazione
nell’interesse della collettività.
Io
ho seguito i corsi, in questo primo triennio ed ottenuto i relativi punti, ma a
parte qualche raro incontro interessante, devo dire che per il resto sono stati
convegni alquanto noiosi e privi di vitalità, di personalità, di utilità e
ammetto che sono andato solo per l’obbligatorietà che il regolamento impone.
Certo non mi sono affatto sentito solo, al contrario ho potuto constatare, che tutti
i colleghi presenti erano lì per lo stesso motivo. E’ evidente anche da parte
di chi organizza una palese carenza di entusiasmo, sia per la scelta degli
argomenti, sia per la preparazione logistica. Si evince un costante dissapore
da parte dei colleghi che sono forzati a partecipare ad incontri poco
produttivi e poco interessanti. Questo tema sta alimentando polemiche e
malcontenti in tutta Italia, non solo per i sacrifici di tempo ed energie che
vanno ad incidere sull’attività e le opportunità lavorative, ma soprattutto per
il numero di corsi a pagamento che intaccano anche il lato economico, già
precario, di una intera categoria.
Sono
convinto, come sopra menzionato, che un professionista debba tenersi aggiornato
sui temi di competenza che appartengono alla propria categoria, che sia
importante sviluppare conoscenze come fattore fondamentale di sviluppo della
persona e dell’intera comunità. Il mercato oggi richiede figure professionali
produttive e in continua evoluzione, occorre superare il vecchio impianto
enciclopedico-nozionistico e affermare un nuovo sistema critico-metodologico,
ma la proposta formativa, così come viene offerta dagli Ordini Professionali, è
spesso riduttiva e senza qualità, di conseguenza non riesce a rispondere alle
esigenze degli iscritti ed assicurare la libertà di scelta, cosa che invece
viene espressa dall’art. 1 del Regolamento sulla formazione.
I
corsi professionali, così come sono strutturati sono una perdita di tempo, come
ad esempio l’aggiornamento obbligatorio deontologico di almeno un corso annuo,
e la domanda nasce spontanea…perché??? Il codice cambia ogni anno? No, l’aggiornamento
è entrato in vigore il 1 Gennaio 2014 dopo cinque anni dall’ultimo e chissà
quanto altro tempo passerà prima di una nuova modifica.
E ancora, cosa e come dovrebbero tenerci
aggiornati questi corsi che un libero professionista già non fa da solo? Vengono
emanati e/o rettificati nuovi regolamenti, norme e decreti con una cadenza
quasi quotidiana, per cui siamo costretti ad aggiornarci, volenti o nolenti,
per garantire al cliente il risultato finale.
Inoltre
l’obbligatorietà non risolve il problema dello sviluppo professionale, che è la
sola prospettiva che dà senso e valore alla formazione. Occorre la definizione
di un nuovo ordinamento e ripensare tutti gli aspetti legati all’attività come
ad esempio:
-
Promozione di innovazione e ricerca;
-
Progettazione integrata tra CNAPPC ed iscritti
in maniera partecipativa, in modo da poter recepire le reali necessità della
categoria;
-
Ricerca metodologica che sia finalizzata ad un
coinvolgimento attivo dei professionisti;
-
Proporre la formazione in forma esclusivamente
gratuita;
-
Focalizzare l’obiettivo sulla crescita
culturale e professionale;
Sembrerebbe
proprio l’ennesima beffa perpetrata ai danni di una nobile professione, dal
momento che noi Architetti non seguiamo i corsi per vero interesse ma soltanto
per avere i crediti necessari a poter svolgere il nostro mestiere. Ma è davvero
questo quello che vogliamo? Una lenta ed inesorabile morte dei principi, degli
ideali, dei valori che hanno reso il nostro mestiere affascinante, creativo,
tecnico, un mestiere che abbiamo scelto e al quale continuiamo a dedicare tempo
e passione?
Carlo
Gibiino
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